Al Teatro Verdi di Salerno è in programma “L’oro di Napoli”, opera tratta dai racconti di Giuseppe Marotta, da martedì 12 a sabato 16 gennaio alle ore 21.00, e domenica 17 gennaio alle ore 18.30, con Gianfelice Imparato e Luisa Ranieri, musiche di scena di Nicola Piovani, scene di Andrea Taddei, costumi di Silvia Polidori, regia di Armando Pugliese. Una dichiarazione d’amore per Napoli, città splendida e miserabile, amorosa e spietata, e per i suoi abitanti, disperati, poveri, ricchi di fantasia, magnifici, capaci di inventarsi la vita giorno per giorno. In questi racconti la Napoli di un tempo rivive senza pietismo o retorica, ma con commossa, asciutta, a volte divertita partecipazione. L’Oro di Napoli è la pazienza, “la possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza”. E’ il suo tema conduttore. Non è un film neorealista. Di maniera nel suo bozzettismo? Toppo teatrale e calligrafico? Forse, ma riscattato dalla sagace direzione desichiana degli attori e dallo stesso teatralismo del popolo dei bassi napoletani.
E’ da quel ‘teatralismo’ che si intende partire per un’edizione teatrale de L’Oro di Napoli, da quella miriade di personaggi e di situazioni, dolenti o comiche, tragiche o paradossali, raccolte tutte in un unico di quei palazzoni di cui pullula il centro storico di Napoli. E, come a strati, progressivamente ne scopriamo gli interni, e negli interni gli episodi, e negli episodi i personaggi che, a prescindere dagli stessi singoli episodi, interloquiscono tra loro nell’androne, tra le scale, nella strada, sui pianerottoli del palazzo-microcosmo, dando vita a quella coralità dolente e magica di una Napoli anche furbesca ed ingannatrice, ma non imbastardita da un degrado che sembra inarrestabile. Per cui questa edizione teatrale de L’Oro di Napoli di Giuseppe Marotta sarà una ricomposizione totalmente nuova dei suoi racconti, di cui alcuni sfruttati anche dal film ma altri completamente inediti da un punto di vista spettacolare e tratti direttamente dagli scritti di Giuseppe Marotta.