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“Amatevi gli uni gli altri”. Prende il titolo dalla celebre frase di Gesù del Vangelo di Giovanni, la Lettera per la Quaresima 2010 dell’arcivescovo di Salerno, monsignor Gerardo Pierro. L’immagine in copertina, un pannello ceramico del maestro Giancappetti, raffigurante l’ultima cena del Viale del Rosario del Seminario, rende bene l’immagine della prospettiva pasquale cui ci si richiama non solo secondo il tempo degli uomini.
Nella lettera, monsignor Pierro approfondisce gli aspetti teologici e pastorali legati in sintesi a tre punti: l’amore di Dio per noi; Gesù, icona del Padre nello Spirito Santo; l’amore del prossimo, segno distintivo del cristiano.
L’amore e la carità vengono approfonditi anche attraverso le parole del magistero pontificio con diversi richiami all’enciclica di papa Benedetto XVI “Caritas in Veritate”
Non mancano i riferimenti al cammino della nostra comunità diocesana, con il decennale di fondazione del Seminario Giovanni Paolo II che – scrive testualmente l’Arcivescovo, ha richiamato tutti all’importanza del grande complesso, cittadella di fede e cultura ed alla necessità e urgenza di una vigorosa pastorale vocazionale. Importante anche il percorso che la Peregrinatio Mariae sta compiendo rinnovando le antiche radici di fede e la devozione mariana delle nostre popolazioni.
Monsisgnor Pierro non si sottrae al compito della Chiesa di essere attenta ai problemi concreti del mondo di oggi e si sofferma poi sulla gravosa crisi economica che è causa di povertà per molte famiglie con i giovani – scrive ancora – che sono in cerca di un lavoro che diventa sempre più precario. L’incertezza del futuro e la mancanza di una casa dignitosa costringono non pochi a rinviare sine die il matrimonio; molte aziende chiudono i battenti gettando sul lastrico migliaia di operai aumentando così il disagio delle famiglie; gli anziani, nonostante gli aiuti governativi e l’ammirevole dedizione del Volontariato, soffrono la tristezza dell’emarginazione.
“Davanti a simili fenomeni – scrive l’arcivescovo – la Chiesa ha il diritto-dovere di intervenire, anche se non direttamente perché non è suo compito l’organizzazione della vita sociale”.
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