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Viaggio nella scultura del futuro, retrospettiva di un artista che continua a regalare emozioni plastiche attraverso il suo percorso di ricerca. “Dino Vincenzo Patroni tra design e scultura”, opere dagli anni Novanta al Duemiladieci. E’ la mostra visitabile in questi giorni (fino al 24 novembre) in Via Porta Catena n. 50, nella suggestiva Sede del FAI presso l’antica cappella longobarda. Questa mostra, esemplificativa di un lungo lavoro, offre esempi peculiari del cammino di ricerca dell’ultimo ventennio di Patroni. Un percorso che non a caso è stato censito anche sul Catalogo degli Scultori Italiani curato dalla Mondadori. Alcuni pezzi in esposizione ora a Salerno, come “La camera del fuoco”, hanno fatto letteralmente il giro d’Europa, passando da una mostra internazionale all’altra. Realizzata in alluminio verniciato, “La camera” ignea con portapipe da collezione è stata particolarmente apprezzata da Pierre Restany, il critico d’arte francese, fondatore del movimento del Nouveau Réalisme, uno dei maggiori intellettuali della seconda metà del Novecento, scomparso nel 2003. Tra le opere esposte ora a Salerno, ce n’è una in particolare che è stata dedicata al perenne ricordo dell’amico poeta e saggista salernitano Marco Amendolara, morto in giovane età. Si tratta di una stele di legno verniciata di bianco, simbolo di purezza assoluta, spezzata alla sommità, come un ramo fragile. Proprio a Marco Amendolara è dedicata l’intera mostra che si avvale, nel catalogo, dei testi critici di Marco Alfano ed Alfonso Amendola. Le opere recenti di Patroni sono fuse in bronzo o in ottone nichelato o in alluminio verniciato o semplicemente realizzate in terracotta.
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