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Sono in tanti a giungere oggi presso la chiesa parrocchiale dedicata a santa Lucia in quello che fu un tempo il quartiere de judaica in via Roma a Salerno per la memoria liturgica della vergine vissuta a Siracusa e morta martire intorno all’anno 304 sotto la persecuzione di Diocleziano, una delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Patrona dei ciechi, degli oculisti, degli elettricisti. Un esempio di fede cui i salernitani si rivolgono per impetrare il dono della luce degli occhi e della fortezza nelle prove, così come in tutto il mondo si trovano reliquie di Lucia e opere d’arte a lei ispirate. I genitori di Lucia, essendo cristiani, avrebbero scelto per la figlia un nome evocatore della luce, ispirandosi ai molti passi neotestamentari sulla luce. Tuttavia, il nome Lucia in sé non è prerogativa cristiana, ma è anche il femminile di un nome latino comune e ricorrente tra i pagani. Se poi Lucia significhi solo «luce» oppure più precisamente riguarda i «nati al sorger della luce (cioè all’alba)», rivelando nel contempo anche un dettaglio sull’ora di nascita della santa, è a tutt’oggi, un problema aperto. Forse la questione è destinata a restare insoluta? Il problema si complica se poi si lega il nome di Lucia non al giorno della nascita ma a quello della morte (dies natalis): il 13 dicembre era, effettivamente, la giornata dell’anno percentualmente più buia. Per di più, intorno a quella data, il paganesimo romano festeggiava già una dea di nome Lucina. Antichi e accertati sono comunque sia l’esistenza sia il culto di Lucia di Siracusa, che rappresenta così una persona storicamente esistita, morta nel giorno più corto dell’anno e che riflette altresì il modello femminile di una giovane donna cristiana, chiamata da Dio alla verginità, alla povertà e al martirio, che tenacemente affronta tra efferati supplizi.
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