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Proseguono le rappresentazioni de “Il malato immaginario” di Molière, protagonista e regista Gabriele Lavia, messa in scena del Teatro Stabile dell’Umbria, compagnia Lavia Anagni, traduzione dei testi di Chiara De Marchi. Appuntamenti per venerdì 4 e sabato 5 febbraio alle ore 21.00, domenica 6 febbraio alle ore 18.30, al Teatro Verdi di Salerno. Gabriele Lavia, da oltre quarant’anni protagonista dell’Arte drammatica in Italia, è l’ipocondriaco Argante. Pietro Biondi, attore di classe, è il Dottor Diarreus, il medico che tiranneggia Argante. Nel ruolo di Angelica, la figlia maggiore di Argante, Lucia Lavia, al suo debutto assoluto, al fianco del padre. La scena è di Alessandro Camera, i costumi sono di Andrea Viotti. Luci di Simone De Angelis, musiche di Giordano Corapi.
Il malato immaginario narra le disavventure di Argante, padre di una bella figlia, marito di una donna opportunista e fedifraga e vittima di uno sciame di dottori salassatori e ciarlatani. Quando Argante promette la figlia in moglie a un giovane dottorino, in modo da potersi garantire un sereno (…e gratuito) futuro di consulti e ricette, l’ostilità della ragazza, segretamente innamorata di Cléante, finisce per spingerlo in una fitta trama di inganni, equivoci, burle e finzioni, giocate sulla sua stessa burbera e inguaribile ingenuità. La commedia, composta nel 1673, è stata intesa dal suo autore come una farsa con intermezzi musicali e balletti per compiacere i gusti di Luigi XIV. Da molti ritenuto il capolavoro assoluto del teatro di Molière, Il malato immaginario narra le disavventure di un ipocondriaco Argante, padre di una bella figlia, marito di una donna opportunista e fedifraga e vittima di uno sciame di dottorini-avvoltoi salassatori e ciarlatani.
I guai cominciano quando, con un patto di matrimonio arbitrariamente siglato, il protagonista promette la figlia in moglie ad un giovane quanto babbeo dottorino di fresca laurea, in modo da potersi garantire un sereno (…e gratuito) futuro di consulti e ricette. L’ostilità della figlia, segretamente innamorata di Cléante, e la calcolata ingerenza della moglie, algida esecutrice di un piano truffaldino, finiscono per spingere il povero Argante in una fitta trama di inganni, equivoci, burle e finzioni, giocate – per lo più – sulla sua stessa burbera ed inguaribile ingenuità. Ipocondriaco sino a rasentare la follia, Argante vive di medici e medicine, spiando ossessivamente in se stesso i sintomi di tutte le possibili malattie. Su questa base scattano i meccanismi classici della commedia: una moglie avida, una figlia il cui amore è contrastato salvo poi trionfare al momento buono in un immancabile lieto fine, un gruppo di untuosi ed infidi dottori che si nascondono dietro grandi paroloni in “latinorum”, un fratello savio e una cameriera fedele e astuta come tradizione vuole.
La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiezza identificando di conseguenza il ruolo del Malato con un attore anziano o addirittura vecchio. Ma Molière lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui cinquant’anni che, come Argante, probabilmente ha più paura di vivere che di morire. Il 17 febbraio del 1673 Molière, che interpretava Argante, portò a termine la rappresentazione di questa commedia nonostante il suo grave stato di salute, morendo infine poche ore dopo.
Gabriele Lavia, negli appunti di regia, sottolinea come “Il malato immaginario”, l’ultima opera di Molière, pone a partire dal titolo, due problemi. Due “altrove” dell’Essere: la Malattia e l’Immaginario…. Il titolo è ambiguo e, probabilmente, vela il senso profondo. E’ la storia di un malato (soggetto) immaginario (predicato), oppure è l’immaginario (soggetto) malato (predicato)? In fondo basta spostare l’enfasi su una parola piuttosto che un’altra e cambia tutto…. I due grandi filosofi del tempo di Molière sono Cartesio e Pascal che hanno “due visioni del mondo diverse”. Cartesio direbbe che il “Malato” è soggetto e “Immaginario” predicato. Pascal, al contrario, direbbe che è l'”Immaginario” soggetto e “malato” predicato. “Solo il cuore può dare misura e prezzo alle cose”, è il famoso pensiero di Pascal. E questo vuol dire che il “valore” di tutte le cose è in “qualcosa” che sfugge alla coscienza e sta nel “cuore”…. Nei “Pensieri”, l’opera più importante di Pascal, ce n’è uno, il più lungo, che ha come titolo “Immaginazione”. E’ proprio in questo “pensiero” che Pascal parla dei medici e dei Dottori: “Se i medici non avessero sottane e babbucce, i dottori non avessero berrette quadrate e toghe ampie quattro volte tanto mai avrebbero ingannato il mondo… Altro principio di errore dell’immaginazione sono le malattie. Esse corrompono il giudizio e la percezione…
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