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Riprendono, giovedì 10 marzo alle ore 17.30, presso il Punto Einaudi di Salerno in piazzetta Barracano al corso Vittorio Emanuele, gli incontri promossi dalla sezione provinciale della Società Filosofica Italiana, presieduta da Carmine Mottola.Ospite della tavola rotonda, che verterà sul pensiero di Henri Bergson, sarà Rocco Ronchi, ordinario di Filosofia Teoretica all’Università degli studi dell’Aquila e docente di Arti visive presso il Corso di Laurea in Economia dell’Arte della Cultura e della Comunicazione dell’Università “L. Bocconi” di Milano, coadiuvato dai colleghi salernitani Enrica Lisciani Petrini, docente di Filosofia Teoretica; Bruno Moroncini, cattedratico di antropologia filosofica; Massimo Adinolfi, docente di ermeneutica filosofica presso l’ateneo di Cassino.
Henri Bergson è stato tra i massimi filosofi del Novecento. In vita, la sua fama e la sua influenza furono enormi. Non c’è ambito del sapere, dalla fisica alla psicologia, dalla teologia alla biologia all’estetica, che non sia stato investito e radicalmente trasformato dal suo pensiero. Bergson quindi valorizza la materia senza essere un materialista. Per lui le forme materiali sono come la traccia nella sabbia, quando vi passi la mano attraverso lasciando solchi e figure. E la mano è la vita, intelligente e cosciente, che costantemente deve confrontarsi con le ricadute materiali del suo slancio incessante. Bergson ci presenta un mondo vivente e animato a crescenti livelli di complessità, e decenni prima che Castaneda venda milioni di copie dei suoi libri, descrive l’essere umano come un percettore che si muove in un mondo di immagini.
Dal punto di vista della conoscenza, in questo insieme indiviso l’intelligenza, ovvero il pensiero “disgiuntivo”, “ritaglia” elementi separati con finalità squisitamente pragmatiche, ma è l’intuizione la chiave di accesso al reale. Quindi le teorie scientifiche sono valorizzate, soprattutto sul piano dell’utile, ma è quell’intuizione largamente mortificata nelle tradizioni di pensiero occidentale che ci mette in contatto con la realtà, rendendosi sostenitore di un mondo ordinato ma non ingenuamente finalistico. Il suo concetto di ordine è analogo a quello che anni dopo svilupperà David Bohm nei suoi lavori sull’ordine implicito e sugli ordini generativi. A entrambi questi autori preme molto discutere l’idea del tempo, e anche qui, benché con tagli e accentuazioni differenti, arrivano a conclusioni largamente sovrapponibili: ovvero essi mettono in luce, sia su un piano ontologico che
esperienziale, la fondamentale realtà della durata, contrapposta al tempo spazializzato e suddiviso degli orologi. Bergson è, però, più fiducioso nell’idea di tempo (“il tempo è efficace”, scrive nelle sue opere). Bohm si pone viceversa in una prospettiva che esalta gli aspetti illusori del tempo e dell’evoluzione. Ma entrambi ci portano in una dimensione metatemporale e anche metanarrativa, invitandoci a confidare nel nuovo che costantemente bussa alla porta, e indicandoci l’urgente necessità di imparare a percepirlo, riceverlo e integrarlo nella nostra esperienza liberandoci dalle pastoie delle nostre credenze statiche.
Rocco Ronchi, ha dedicato al filosofo francese il suo ultimo lavoro, “Attualità di Bergson”, pubblicato nella collana Sintesi Filosofiche Marinotti proprio il mese scorso, che verrà presentato nel corso di questo incontro, in cui rilegge criticamente le sue principali tesi e ne affronta in modo organico il pensiero, liberandolo, al contempo, dai pregiudizi e dagli equivoci che hanno accompagnato la ricezione della sua opera. Bergson non è, come si crede, un filosofo irrazionalista, spiritualista, ostile alla scienza e ai suoi metodi. Per lui la filosofia è un metodo rigorosamente empirista, che consente la massima precisione possibile nella descrizione dei fenomeni. Bergson è il filosofo che ha cercato di emancipare la scienza da quanto di “metafisico” era ancora presente nelle sue pratiche. Con le sue nozioni di “durata” e di “memoria”, ha costruito un nuovo modello di intelligibilità del divenire, alternativo a quello aristotelico, in grado di spiegare, senza riduzionismi, il “vivente” quale era stato descritto dalla biologia evoluzionista. Il pensiero bergsoniano è presentato da Ronchi come uno snodo essenziale della filosofia del Novecento. Ne viene mostrata la dirompente attualità attraverso un confronto con la fenomenologia, l’esistenzialismo, l’ermeneutica, il pensiero della differenza di Gilles Deleuze e con l’epistemologia della complessità.
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