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E’ aperta al pubblico fino al 19 giugno, ore pomeridiane, la mostra personale di Sergio Vecchio, “Carte recenti”, presso la Galleria dei Frati, a Baronissi. Il curatore, Massimo Bignardi, ha scelto poco più di venti grandi carte ‘recenti’, insieme ad alcuni dipinti su tela, realizzati dall’artista salernitano nel corso di questi primi anni del Duemila: opere il cui dettato compositivo insiste su un repertorio di immagini sobillato dalle figure che ‘abitano’ l’immaginario della città nella quale vive e lavora l’artista, Paestum. Sono guerrieri, muse, animali, architetture che suggeriscono la trama e i soggetti della narrazione; racconto che si arricchisce oggi di una rinnovata figurazione mitologica, accogliendo le sagome degli strumenti del fare arte, degli attrezzi agricoli, delle figure che provengono da un diretto vissuto, dal mondo dei ricordi vivi e sofferti.
«Promuovere la cultura, pagine di storia e, al contempo, di attualità della nostra terra, della Campania, come dell’intera area meridionale – rilevano Giovanni Moscatiello sindaco di Baronissi e Nicola Lombardi assessore alla cultura – significa dare risposta ad un progetto che mira a restituire una cifra di identità alle nostre comunità, con il chiaro intento di andare a sollecitare l’animo delle nuovissime generazioni, strapparle alla genericità di un sapere che, spesso, finisce per essere verticistico. Alla falsa mania dell’internazionalismo mondano, pretestuoso e provinciale, la risposta viene dal folto pubblico che da anni affolla le inaugurazioni delle mostre prodotte ed allestite al Museo-Frac di Baronissi, desideroso di conoscere, di conoscersi, di comprendere il proprio presente, l’habitat culturale nel quale vive. La mostra che apre nei giorni della primavera è dedicata al Maestro Sergio Vecchio, grande interprete della pittura salernitana già dagli anni Ottanta, dopo una lunga stagione di formazione nell’ambito di esperienze extrapittoriche, di installazioni d’impronta concettuale».
«Nell’arco della sua vita – scrive Giada Caliendo nel testo al catalogo – Vecchio compie numerosi viaggi e nell’avvicendarsi dei luoghi e delle città scopre innovativi filoni da seguire e nuovi materiali da sperimentare, da Napoli a Roma, poi Torino, per poi vivere l’importante esperienza della Sicilia. Il supporto cambia, si muove dalla ceramica alla tela per poi passare alla carta di Acireale ma qualunque materiale utilizzi è sempre ‘tracciato’ di storia e di legame profondo con le proprie radici. I primi viaggi li compie in treno e la celebrazione di quest’ultimo sulla tela è una chiara metafora dell’avventura, della ricerca di novità, di una nuova sperimentazione ma anche di una via di fuga; si, perché lo stesso Sergio confessa di concepire il treno un po’ come un’arca su cui, in caso di naufragio, riesca a portare in salvo se stesso, il cane ed i suoi cari. La rappresentazione del treno diventa un atto di confessione, una vera e propria autobiografia dei momenti in cui si fugge o anche di momenti belli della partenza in cui si lascia tutto alle spalle e si affronta l’ignoto con l’animo pieno di aspettative».
“Vecchio inquadra i tempi del suo racconto tra pagine di realtà e di fantasia, con figure che assumono i contorni di presenze raffigurate dalla narrazione – osserva Massimo Bignardi in merito alle opere presenti in mostra – che è propria del suo registro pittorico, del suo modo di introdurre il colore come sollecitazione emotiva, come suggerimento di uno stato d’animo, soccorso dal segno, quest’ultimo piegato a traccia descrittiva, alle volontà dell’occhio, alle capacità che lo strumento della percezione visiva ha di nominare gli oggetti, seguendo l’indice, ricordano le fonti mitologiche, redatto da Mnemosine.
La terra raffigurata da Vecchio è quella di Gea sulla quale sovrasta Urano, fondendosi in una coppia inscindibile per qualsiasi fede; una coppia di polarità che detta i processi di nascita e morte, intervallo entro il quale le metamorfosi scandiscono il tempo e il suo procedere. Gea è la terra del primitivo essere delle cose e come tale Vecchio la rispetta: le bufale che ritrae avanzano come sagome che provengono dai territori degli archetipi, dalle paludi che hanno animato le storie del viaggio al Sud, al di là di Napoli, così le civette che, con lo sguardo sospetto, sbirciano dai templi dorici, dalle rastremate colonne, oppure i guerrieri e le belve, liberatisi dalla plastica staticità delle metope, dalla pietra per invadere il mondo di Ipnos, signore della notte e del sonno”.
Per l’occasione della mostra è stato pubblicato, dalle edizioni Plectica, il volume: Sergio Vecchio. Geografie dell’immaginario, a cura di Giada Caliendo, con una nota introduttiva a firma di Giovanni Moscatiello e Nicola Lombardi, un testo di Massimo Bignardi e un saggio della curatrice, accompagnato da un ampio apparato biografico, bibliografico e da un repertorio di illustrazioni a colori e in bianco e nero.
Sergio Vecchio è nato a Castellabate (Sa) nel 1947. Ha studiato pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, allievo di Carlo Alfano e di Giovanni Brancaccio. Dopo una breve permanenza tra Roma e Napoli intorno alla fine degli anni Settanta si trasferisce a Salerno dove insegna discipline pittoriche per trentacinque anni presso il Liceo Artistico della città. Si dedica sin da giovanissimo alla ricerca grafica e pittorica, collabora come disegnatore a vari giornali e riviste specializzate. Interessato alle tecniche dell’incisione pubblica numerose raccolte di stampe con le quali, in Italia, partecipa a rassegne prestigiose del settore come ad esempio “Il Salone del libro” di Torino nel 1986, oppure “Galassia Gutenberg” a Napoli nel 1992 o ancora alla “Mostra del libro d’Arte” a Firenze e Pavia nel 1993. Il 1968 è l’anno in cui ‘riscopre’ Paestum ed inizia per lui una felice ed interminabile stagione creativa. Nel 1978 fonda l’Archivio-Laboratorio di Paestum dove raccoglie immagini, opere, documenti, gouaches, fotografie, vari materiali sull’antica città a partire dal Settecento fino all’arte contemporanea con cui vengono realizzate riviste, libri e documentari televisivi. Dopo una iniziale fase sperimentale di ricerca approda con contaminazioni di tecniche e linguaggi diversi, al tema della Magna Grecia, suo paesaggio dell’anima, realizzando performances, scritture, eventi e, soprattutto, grandi dipinti. Negli anni Settanta e Ottanta è presente a Napoli, Salerno e Roma con varie mostre personali e collettive. Nel 1971 viene invitato alla “Rassegna d’Arte Contemporanea” di Varese, nel 1975 prende parte alla X Quadriennale di Roma, nel 1978 partecipa al Premio Michetti a Francavilla a Mare e presenta la personale alla Galleria La Piazzetta di Roma, nel 1983 espone all’Auditorium S. Fedele di Milano. Nel 1984 è segnalato da Pierre Restany ed inserito nel Catalogo della Grafica Italiana dell’Arte, Mondadori e per l ‘Annuario Comanducci dell’Arte Italiana. Negli anni Novanta anche la Sicilia diviene un suo luogo di ricerca creativa con la frequentazione costante dei siti archeologici più noti dell’isola, allestendo numerose mostre personali e partecipando a collettive. È qui che scopre la carta di Acireale e gli opifici ove la lavorano, instaurando con gli artigiani un rapporto di stima e di collaborazione. Vive e lavora a Paestum.
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