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Ameth Fall, senegalese ed a segno proprio contro i granata nello scorso campionato indossando la maglia del Barletta, è il nuovo attaccante della Salernitana (in attesa, quasi certamente e vicenda economica permettendo, di Riccardo Maniero). Pronti tre anni di contratto per un atleta che del fisico e della rapidità fa i suoi punti di forza sul manto erboso. Quella di Fall, però, è anche una storia particolare e legata, dopo qualche anno giunto in Italia, ad un calcio non sempre professionale.
(tratto dal quotidiano la “Repubblica” del 21 maggio 2015) A 16 anni è arrivato in Riviera romagnola dal Senegal, il sogno di diventare un calciatore. A 20, a Rimini, ha chiesto e ottenuto dall’arbitro che sospendesse la gara, stufo dei “buu” razzisti degli avversari. A 22 si è trovato a correre, segnare, con la maglia biancorossa del Barletta mentre i suoi compagni non gli passavano il pallone e gli chiedevano: “Ma che fai?”. Voleva fare gol in partite, dice oggi la Procura, truccate. A metà tra l’Aristoteles del mitologico “Allenatore del Pallone” e un Balotelli di Lega Pro (7 gol, grande tecnica e fisico), Ameth Fall, risponde dal Senegal, dov’è in vacanza.
Fall lei ieri ha scritto su Facebook: “La verità viene sempre a galla”, riprendendo un suo post di fine aprile. Che voleva dire?
“Ho visto cose che prima di marzo non c’erano nello spogliatoio: parlo di comportamenti, atteggiamenti che sono cambiati negli ultimi due mesi. In concreto, non so cosa sia successo: di certo, posso dire che da calciatore professionista mi sono reso conto che la squadra non faceva più il gioco che sapeva fare. Questo mi ha infastidito, io sul campo ho sempre cercato di dare il massimo ma notavo che qualcuno mi ha impedito di allenarmi al 100 per cento e di giocare al meglio. Quello che ho letto ieri sui giornali e sui tg ha confermato quanto pensavo. Vedere che il mondo del pallone in Italia va così non è giusto. Il calcio italiano deve essere un riferimento. Sono deluso: volevo solo lavorare nella massima onestà”.
E invece?
“Io mi sono allenato e ho giocato sempre al massimo. Ma la cosa assurda è che se tu non ti fermi sei tu quello strano, che non capisce come va il calcio. Io questo non lo accetto: vengo dal Senegal, so le difficoltà in cui sono cresciuto e quando scendo in campo vivo la partita come una festa. Come avevo detto, poi, la verità viene a galla. Qualcuno in questi mesi mi ha riso in faccia, mi dicevano “tu sei matto””.
Perché non ha denunciato?
“Io non ho mai avuto delle certezze: la mia sensazione si è rafforzata a campionato finito, e ci sono rimasto male. Allora ho capito alcune situazioni che si erano verificate in campo, anche qualche passaggio non ricevuto”.
E ora?
“Servono regole e punizioni. Oggi accordarsi per una partita è troppo facile: per alcuni calciatori è davvero naturale. Io credo che ovunque, a Barletta come altrove, chi si è macchiato di combine e scommesse, debba pagare e debba essere condannato. Non si può andare avanti così: mio figlio nascerà in Italia e se il calcio resterà questo, lo inviterò a praticare un altro sport. La gente ha paura di denunciare: a me diranno di tutto, ne sono sicuro, ma vado per la mia strada. Ho un altro anno di contratto con il Barletta, ho avuto richieste da altri club ma con questa situazione non so dove sarà il mio futuro: vorrei dare una mano alla società, magari vendendo il mio cartellino possono pagare parte dei debiti”.
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