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La città moderna – fatta eccezione per il bel lungomare, i parchi e la villa comunale – non fa percepire immediatamente una ricchezza arborea che era il vanto di una Salerno celebre nel passato per i suoi giardini opulenti. Ma nonostante il trascorrere dei secoli, ancora oggi, varcando un portone o la corte di un palazzo nobiliare, si respira il sentore di queste antiche vestigia di “natura addomesticata”. E se i Giardini della Minerva figurano ancora tra i giardini storici d’Europa, un tempo la città all’ombra dell’Arechi vantava tanti piccoli paradisi, giardini che si arrampicavano dal mare alle colline e trovavano spazio nei monasteri e nei palazzi. Alcuni sono sopravvissuti, di altri si conservano le tracce e i documenti. A fare una ricognizione di quest’urbe immersa nei suoi spazi verdi sono ora due esperte ricercatrici e storiche del territorio, Maria Antonietta Del Grosso e Vittoria Bonani, curatrici del volume “Il verde antico e l’ampio Golfo di Salerno, celebrata meta dei viaggiatori europei” (edito dall’associazione culturale Adorea). All’inizio dell’800 erano inventariati 60 giardini, legati ai nomi degli illustri proprietari, quasi sempre famiglie nobiliari. Spazi ameni, arricchiti da decori artistici, gazebi, fontane, giochi d’acqua, statue, panche, espressioni di arte topiaria. Il volume – presentato nei giorni scorsi presso il Museo Diocesano San Matteo di Salerno – è arricchito da un corposo apparato fotografico e da un’ampia documentazione che attinge a diari, lettere, corrispondenze, cronache degli storici, quadri di artisti che testimoniano i passaggi dei viaggiatori e sono custoditi in tutto il mondo, dalle collezioni private alle gallerie di Londra. «Un atto d’amore verso Salerno – spiegano le autrici – L’intenzione del nostro studio è stata quella di comprendere ciò che per diversi secoli ha reso importante Salerno, di afferrare l’anima della città, di acquisire consapevolezza del suo patrimonio culturale, salvaguardarlo e tramandarlo ai posteri». L’arco temporale preso in considerazione abbraccia quattro secoli, quelli topici del Grand Tour, dal Cinquecento all’Ottocento. Pittori, incisori, intellettuali, scrittori, nobili in cerca di una forte esperienza di vita nel cuore dell’Italia, si spingevano fino a Salerno ed alla sua – già allora – rinomata costa. E se altre pubblicazioni hanno già decantato gli elogi di viaggiatori più o meno illustri, il libro di Del Grosso e Bonani prende in considerazione soprattutto le note sui nostri giardini. Scrive un anonimo francese giunto in città nel 1558 : «Salerno è una graziosa cittadina, più bella per i giardini che per le altre cose». Se finora i libri di storia di Salerno avevano indagato “le altre cose”, questo volume colma ora una lacuna, effettuando un’ampia ricognizione dei giardini di Salerno che furono e che sono.
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