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Domani, 29 settembre, in occasione delle festività legate al Santo Patrono, riapre la grotta di S. Michele Arcangelo di Olevano sul Tusciano, uno dei complessi religiosi più importanti di epoca longobarda, per accogliere la secolare processione in onore del Santo.
Il progetto di valorizzazione (fondi POR 2007-2013) denominato “Il santuario Micaelico del Tusciano e la civiltà dei Longobardi”, si è concluso nei primi mesi del 2016, ed è stato redatto e diretto – con la collaborazione del Genio Civile di Salerno – dalle tre Soprintendenze allora competenti per i beni archeologici, quelli storico – artistici, e quelli architettonici e paesaggistici. Il progetto è stato offerto nel 2013, poco prima della scadenza del bando POR, al Comune di Olevano sul Tusciano, che in questo modo ha potuto usufruire dei fondi disponibili.
Tra gli interventi più importanti vi è sicuramente la sistemazione di passerelle in acciaio che consentiranno ai fedeli di visitare la grotta percorrendo i tratti più impervi fino ad ora fruibili da pochi avventurosi visitatori, godendo della visione delle cappelle, ora dotate di un nuovo impianto di illuminazione. Fondamentali sono stati anche i nuovi restauri dei cicli pittorici già noti e il recupero di pregevoli manufatti, tra cui uno sperone longobardo in ferro laminato in oro utilizzato nelle processioni, probabilmente un ex-voto al Santo.
Infine, grazie ai lavori da poco conclusi, quest’anno le celebrazioni in onore di S. Michele potranno avvenire in condizioni di maggiore sicurezza, essendo stato realizzato anche il consolidamento del tratto del costone roccioso incombente sul percorso finale e sull’imboccatura della grotta.
Il progetto è l’ultima tappa di un lungo lavoro di salvaguardia e valorizzazione del complesso rupestre micaelico condotto dalla Soprintendenza fin dagli anni Sessanta del secolo scorso, attraverso diversi interventi sulla grotta e azioni di supporto all’amministrazione locale di Olevano sul Tusciano, che ha da sempre avuto la gestione del bene di proprietà del demanio statale. Da allora numerose sono state le campagne di scavo effettuate nell’area, propedeutiche agli interventi di restauro e finalizzate alla conoscenza delle dinamiche dell’insediamento rupestre e della vita quotidiana in uno dei santuari più rilevanti della cristianità altomedievale: nel corso degli anni, le indagini hanno portato alla luce complessivamente oltre 30.000 reperti, nonché resti di edifici legati al culto, tra cui un ospizio per i pellegrini, un’aula battesimale del IX secolo e, all’esterno, il cenobio dei monaci-custodi del santuario. Tutto questo costituisce una miniera di informazioni unica che, insieme alle decorazioni pittoriche e in stucco e ai graffiti presenti nelle cappelle, fanno del santuario rupestre olevanese uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, come è stato di recente ribadito anche da Richard Hodges, Presidente dell’American University of Rome, uno dei più autorevoli archeologi medievisti al mondo.
“L’auspicio è che, grazie ai lavori finora svolti, possa emergere con evidenza la straordinaria importanza della grotta – dichiara il Soprintendente Francesca Casule – e sia possibile in futuro ottenere ulteriori fondi finalizzati alla sua piena valorizzazione, che comprenderà tra l’altro il recupero della struttura emersa nel corso dei lavori nel cosiddetto “giardino del Papa Gregorio VII”, per la quale si è potuto operare solo un intervento di salvaguardia con opere provvisorie, in attesa del restauro”.
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