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” Non possiamo non aprire il cuore a Gesù, nella sua comunione con il Padre, lì dobbiamo vivere l’autenticità del nostro sacerdozio nell’esperienza di Amore che Gesù ci chiede di condividere”. Questo il messaggio diretto del nostro Arcivescovo Primate-S.E. mons. Luigi Moretti- durante la santa Messa crismale officiata nella cattedrale di Salerno stamane Giovedì Santo, giorno in cui vengono benedetti gli oli santi che serviranno poi per le celebrazioni di tutto l’anno liturgico.
Il Giovedì Santo è il giorno in cui si celebrano due distinte celebrazioni liturgiche, al mattino nelle Cattedrali, il vescovo con una solenne cerimonia consacra il sacro crisma, cioè l’olio benedetto da utilizzare per tutto l’anno successivo per i Sacramenti del Battesimo, Cresima e Ordine Sacro e gli altri tre oli usati per il Battesimo, Unzione degli Infermi e per ungere i Catecumeni. Alla cerimonia partecipano i sacerdoti e i diaconi, quale visibile conferma della Chiesa e del sacerdozio fondato da Cristo. Nel tardo pomeriggio in tutte le chiese inizia poi la celebrazione della Messa in Coena Domini cioè la Cena del Signore in cui viene istituito il Sacramento dell’Eucaristia. Tutti e quattro i Vangeli riferiscono che Gesù, avvicinandosi la festa degli Azzimi, ossia la Pasqua ebraica, mandò alcuni discepoli a preparare la tavola per la rituale cena, in casa di un loro seguace.
La Pasqua è la più solenne festa ebraica e viene celebrata con un preciso rituale, che rievoca le meraviglie compiute da Dio nella liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana (Esodo 12); e la sua celebrazione si protrae dal 14 al 21 del mese di Nisan (marzo-aprile). In quella notte si consuma l’agnello durante un pasto (la cena pasquale) di cui è stabilito ogni gesto; in tale periodo è permesso mangiare solo pane senza lievito (in greco, “azymos”), da cui il termine “Azzimi”.
Gesù con gli Apostoli non mangiarono solo secondo le tradizioni ma avendo per l’ultima volta con sé tutti i dodici discepoli da lui scelti fece loro un discorso di commiato, promessa e consacrazione. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 13, racconta: Gesù «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine», e mentre il diavolo già aveva messo nel cuore di Giuda Iscariota, il proposito di tradirlo, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e preso un asciugatoio se lo cinse attorno alla vita, versò dell’acqua nel catino e con un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi e ai servi, lavò i piedi agli Apostoli, asciugandoli poi con l’asciugatoio di cui era cinto.
La lavanda dei piedi era una caratteristica dell’ospitalità nel mondo antico, dovere dello schiavo verso il padrone, della moglie verso il marito, del figlio verso il padre e veniva effettuata con un catino apposito e con un “lention” (asciugatoio) divenuto una specie di divisa di chi serviva a tavola. Simboleggia l’accoglienza e l’ospitalità, la cura verso i propri cari e ancora oggi ricorda a tutti il modo di comportarsi del vero cristiano, sempre pronto a rendere ragione – con gesti concreti di carità- della speranza che è in lui.
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