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Il pieno d’amore si fa quando diventiamo capaci di essere dono totale di amore agli altri. Dono totale per sempre fecondo. Siamo capaci di farlo? La nostra vita ha senso solo così!
Don Renzo Bonetti-presidente della Fondazione Famiglia Dono grande – non ha usato mezzi termini nell’affrontare in modo chiaro e inequivocabile il concetto di relazione ieri sera nella suo intervento, nel secondo giorno del Convegno Pastorale della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno svoltosi nell’aula magna dell’Università degli studi di Salerno, dopo un primo giorno che ha visto le parrocchie impegnate nelle singole foranie.
“Nella relazione si gioca la nostra vita in quanto solo nella relazione divento me stesso: ogni persona nasce e cresce dentro una relazione. Addirittura la qualità dell’intelligenza, fino all’ultimo giorno della nostra vita, si fonda sulle relazioni. Per il cristiano l’essere in relazione è un segno della relazione trinitaria e chi viene battezzato ha il dono di conoscere questa eterna relazione d’amore. Con il battesimo la singolarità diventa noi: noi laici o consacrati o sacerdoti. Il battesimo mi colloca nel Corpo di Cristo e quando mi chiudo alla relazione esco dalla relazione con Dio. Ognuno di noi nasce fratello per crescere in questo amore così come il Padre è amore stabile verso il Figlio e viceversa: la relazione in Dio è sostanziale. La sponsalità di Gesù si trova nell’Eucaristia in quanto le nozze di Cristo sono sulla croce. Cristo è dono per tutti così come il matrimonio, simbolo della relazione specifica. Nel matrimonio viene consacrata una relazione: la più piccola coppia di sposi è un Sacramento. Lo Spirito Santo prende possesso degli sposi che comunicano il divino nella semplicità dei gesti quotidiani così come si evince anche nell’ Amoris Laetitia al n° 73, 121 e 161.
Solo nella famiglia c’è la complementarietà, la condivisione, la corresponsabilità, la compresenza cioè quel dinamismo psicologico profondo per il quale quando amiamo sentiamo presente l’altro anche quando è assente.
La famiglia è una realtà unica -ha proseguito Bonetti- pensate se queste peculiarità fossero trasferite nelle realtà parrocchiali. I matrimoni oggi sono fonti d’amore ma sigillate. La famiglia rende presente la genuina natura della parrocchia così come al n° 67 dell’A.L. leggiamo:” La Chiesa per comprendere se stessa deve guardare all’unità di un uomo e di una donna”. L’interdipendenza va scoperta sempre e per far crescere la Chiesa è importante far sviluppare insieme i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio. Sono due ali di un’unica realtà ma ora stiamo volando con un’ala sola. Per questo il Papa invoca una conversione pastorale: divenire tutti, preti e sposi, capaci di amare fino a dare la vita.
Esiste una paternità e maternità diversa per chi è sposato differentemente da chi convive solo. Esistono famiglie che vivono una dimensione bellissima grazie allo Spirito Santo che non hanno i conviventi.
Tutti non dobbiamo rinunciare alla paternità spirituale per rendere visibile nelle cose ordinarie come Cristo ama la Chiesa.
La Chiesa è un bene per la famiglia, la famiglia è un bene per la Chiesa. Solo in Gesù c’è salvezza, pienezza e compimento”.
Quanto ascoltato-ha detto nelle sue conclusioni il nostro Arcivescovo primate S.E. mons. Luigi Moretti – è l’invito a recuperare la capacità di vivere la storia tra Dio e l’uomo. E’ un tesoro a disposizione di ogni famiglia ma che spesso è dimenticato, per questo è importante aiutare i giovani a scoprire l’amore denso di contenuti e recuperare, con la virtù della castità, la verità dell’amore. Rinnoveremo la Chiesa se rinnoveremo le famiglie.
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