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La storia di Salerno ha tasselli di Grazia che la impreziosiscono e ci ricordano di essere frammento della Storia di Salvezza che Dio intesse da oltre duemila anni con il suo Popolo di cui siamo componente. Era il 6 maggio del 954 quando per volere del principe longobardo Gisulfo I, così come è documentato al cap. 165 del Chronicon Salernitanum le reliquie del santo apostolo ed evangelista Matteo furono traslate a Salerno.
Il rinvenimento in Lucania ha del prodigioso. Morto in Etiopia le spoglie di san Matteo furono trasportate nel Cilento a Velia e lì rimasero per più di cinquecento anni sepolte.
Nel 954 d.C. l‘evangelista apparve più volte in sogno a una donna di nome Pelagia e a suo figlio Attanasio monaco che andò prontamente alla ricerca del corpo nei pressi del fiume Alento. Attanasio voleva trasportare il corpo a Costantinopoli, giunto però ad Amalfi per imbarcarsi fu fermato da forti temporali, nascose allora le reliquie in una chiesina di Casal Velino situata ad duo flumina ancora oggi mi si può leggere una lapide del XVIII secolo a testimonianza dell’evento della traslazione del Santo. Da Casal Velino le spoglie furono poi trasportate a Capaccio nel santuario dedicato alla Madonna del Granato e poi a Salerno per volere del principe Gisulfo I così come si può leggere all’ingresso della cripta del duomo di Salerno dove le reliquie sono meta di continui pellegrinaggi. Molto sentita l’antica tradizione dei Columbri vere e proprie sculture realizzate con candele di cera e portate in processione sulla tomba di san Matteo insieme alla preziosa reliquia del braccio che benedisse e battezzò intere popolazioni e scrisse il vangelo delle Beatitudini.
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